Elisa

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Come spesso accade per via della mia professione, ho modo di conoscere molte persone, alcune interessanti ed altre meno.

Ultimamente ho conosciuto la dolcezza fatta persona, cioè Elisa Toffoli, in arte semplicemente Elisa.

Come sempre prima di qualsiasi lavoro mi documento per essere poi in grado di mostrare al meglio quello che ritengo sia la persona o il personaggio da fotografare, approfondire rapidamente per capire con chi hai a che fare e ovviamente mostrare la tua idea in proposito, cercando di dare sempre la tua visione del mondo, il tuo modo di mostrare i sentimenti e le storie per i lettori attraverso i tuoi filtri culturali.

Bene, leggendo la vita, la storia di Elisa e i suoi innumerevoli successi professionali ne rimani spaventato per la quantità e la qualità dei riconoscimenti artistici che, in campo nazionale e internazionale ha “accumulato” nella sua splendida carriera. 20 anni come cantautrice hanno visto: 9 album in studio, 5 compilation, 2 album dal vivo 5 album video, 51 singoli e video musicali, vendendo quasi 4 milioni di dischi. Ha ottenuto tutti i premi e i riconoscimenti che un artista musicale potesse meritare, eppure…

Eppure un artista di questa levatura ha la semplicità e la trasparenza d’animo di una donna come ne vedi poche in questi ambienti, diciamo un prodigio, cosa rara. Una ragazza limpida.

Piccolina fisicamente, ma con una personalità imponente, si distingue per la concretezza e la profondità nell’argomentare, forse la sua terra natia ne ha plasmato il carattere . Insomma mi ha affascinato, non fosse altro per il suo sorriso, veramente contagioso, ma attenzione a non fraintendete le sua delicatezza, resta pur sempre un’orgogliosa friulana.

La vita è una figata!

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Questo è lo slogan che campeggia sulla pagina web di Beatrice Vio, detta Bebe.

Uno scricciolo di ragazza, poco più che ventenne, che per qualche ora trascorsa assieme mi ha ricordato quali sono le cose che contano nella vita, quali sono i valori da perseguire con impegno.

Non avrei immaginato di dover prendere  “lezioni di vita” e poi da una “ragazzina”; invece è andata proprio così.

Con l’incarico di fotografarla per il magazine La Freccia, ho avuto l’opportunità di ascoltare i suoi pensieri, sulla vita in generale, sulla sua particolare storia e conoscerne i suoi progetti.

Sapevo che fosse una ragazza “cazzuta”, ma fare la sua conoscenza direttamente è stato come scoprire nuovamente il gusto della vita vissuta con passione, quella passione che solo una giovane di vent’anni ti può sbattere in faccia.

Per cui sei li preso ad ammirare il suo coraggio e la sua determinazione, ascoltando le sue idee e le sue interpretazioni sulla carta dei valori, che sciorina a ripetizione, fondate su esperienza diretta e non per sentito dire, frutto di molte sofferenze e di altrettanti strabilianti successi personali, sia nella vita quotidiana che nello sport, essere incantato ad osservare mentalmente le meravigliose immagini da lei vissute alle ultime olimpiadi che hanno scandito questo ultimo periodo della sua vita; la vita della campionessa di scherma italiana più amata e non solo su i social.

Due ore trascorse intensamente e con felicità.

Felicità è il termine giusto per descrivere la sensazione che ho provato ricevendo tante impressioni positive e averne poi ripreso coscienza, è stato un rigenerare passioni sopite e mai spente .

Ascoltando Beatrice conversare è stato come aprire una finestra di approfondimento su i tantissimi ragazzi che lottano per il loro futuro con impegno ed entusiasmo, giovani che non amano parole come indifferenza e cinismo, giovani a cui  il nostro sostegno non dovrebbe mai mancare, sia come individui che come famiglie.

Tenace, grintosa, determinata, ma con un sorriso che affascina, cosi si potrebbe definire questa campionessa che è un esempio di vita per i nostri figli e per chi crede che “la vita è una figata”.

Introducing Alessandra

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RACCONTARE UN PROFESSIONISTA PER IMMAGINI

Lavoro con Alessandra da oltre tre anni. Abbiamo studiato insieme come usare la fotografia per raccontare le persone, in comunicazione, laddove non si devono presentare prodotti ma trasmettere il valore invisibile della professionalità, della competenza, dell’anima.

Per la sua presentazione istituzionale, ho scelto di lavorare sul volto e sulle espressioni, dove alternando sguardi diretti e distolti, sorrisi e pensieri, nitidezza e sfocato, ho voluto rappresentare il suo mondo e il suo modo di essere.

Il divano

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La fotografia diventa evento.

Un divano, un set, in un grande centro ottico di Roma.

Le persone che giocano e recitano una parte. L’esperienza di farsi fotografare diventa parte integrante dell’emozione che rimane con la fotografia.

Perchè anche un evento, immortalato da un obiettivo, diventa creare un ricordo.

Fotografia e memoria

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Emanuele è un giovane fotografo che spesso ho il piacere di ricevere nel mio studio, come molti giovani fotografi è pieno di passione ed energia che ancora non sa bene dove indirizzare per esprimere pienamente la sua voglia di raccontare, di osservare il genere umano.

Ieri si discuteva di pellicola e di stampa, al che ho voluto mostrargli alcuni lavori che componevano una mostra fotografica di alcuni anni orsono.

Stampe in fine art, puro cotone, realizzate con metodo Digigraphie.

Dopo il quarto “bellissima questa immagine” mentre sfogliavamo questi ricordi di carta, mi dice che sono un egoista, che devo mostrare i miei lavori ai giovani, “loro” devono vedere, devono imparare.

Bene, accontentato.

Hedy è il soggetto di questi scatti, per chi non la conosce professionalmente, è la migliore fotomodella italiana.

Questa serie di fotografie vorrei che fossero lette come un riassunto della nostra conoscenza, vorrei essere stato capace di restituire un ritratto intimo ripreso da un punto di vista privilegiato, ossia quello dell’amicizia che vanto con lei ormai da anni.

“Quasi bella, aveva lievi difetti che ne aumentavano il magnetismo. Le sopracciglia formavano una linea continua che le attraversava la fronte e la bocca sensuale era sormontata dall’ombra dei baffi. Chi l’ha conosciuta bene sostiene che l’intelligenza e lo humour di Frida le brillavano negli occhi e che erano proprio gli occhi a rivelarne lo stato d’animo: divoranti, capaci di incantare, oppure scettici e in grado di annientare. Quando rideva era uno scroscio di risa profondo e contagioso che poteva nascere sia dal divertimento sia come riconoscimento fatalistico dell’assurdità del dolore». Hayden Herrera, nella biografia descrive così l’aspetto e il carattere della pittrice messicana Frida Kahlo.

Descrivere Hedy, accostandola a Frida Kahlo, lo ritengo il modo migliore per rendere un tributo alla sua capacità espressiva di interpretare l’arte, con il suo corpo.

Qinghai, esempio di convivenza etnica.

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Quando si atterra all’aeroporto di Xining   si è già ad un’altitudine di duemila metri. Siamo nella parte nord-orientale dell’Altipiano tibetano. In questa provincia sconfinata della Cina nascono i fiumi Yangtze e Mekong, a nord troviamo le sorgenti del Fiume Giallo o “culla della civiltà cinese” il secondo più lungo del Paese. Il Qinghai è la storica provincia tibetana di Amdo e fa parte del vasto ed elevato altopiano dell’Asia centrale, il più alto e più vasto del mondo, con una superficie di 2,5 milioni di chilometri quadrati, otto volte l’Italia.

Qinghai è nota per il suo “lago azzurro” Koko Nor, il più grande lago di montagna con acqua salata, privo di emissario a 3500 m. di altezza sul livello del mare.

Questo immenso territorio, nei secoli, ha dimostrato come sia possibile la convivenza di numerose e diverse etnie. La maggior parte del territorio storicamente era parte della regione dell’Amdo dove tra l’altro è nato Tenzin Gyatso l’attuale Dalai Lama, nel 1928 divenne poi una provincia della Repubblica di Cina.

La popolazione del Qinghai conta meno di sei milioni di abitanti suddivisi in Han, Tibetani, Tu, Hui, Salar e Mongoli, incredibile ma vero.

Costeggiando il lago Koko Nor si trova Gongbao Dong, una grotta su una montagna meta di pellegrinaggio dei tibetani fin dai tempi remoti. La credenza popolare afferma che entrando nella grotta si passa direttamente in India, terra originaria del Buddismo. Il pellegrinaggio lo celebrano ogni 60 anni. Molti fedeli tibetani, uomini, donne con vecchi e bambini percorrono centinai di chilometri a piedi, alcuni adepti solitari, particolarmente devoti, avanzano stendendosi a terra pregando per tutto il tragitto, nonostante le distanze impressionanti.

Come in tutto il mondo e per tutte le religioni, si sviluppano accanto alle vie sacre e ai centri di culto, molte attività commerciali a supporto dei pellegrini. Ad esempio sulle rive del lago sorgono numerosi accampamenti di fortuna costituiti da yurte, che offrono ospitalità, per pochi soldi, ai viandanti.

Attraversate le catene montuose tibetane si arriva in una steppa ondulata dove si incontrano solo pastori tibetani, yak, pecore e capre. Cosa particolare è che l’allevamento delle pecore è indirizzato solo al consumo della carne e non alla produzione del formaggio che notoriamente non è molto gradito da quelle parti. Piatto tipico per cui è la pecora bollita, e latte e burro si consuma esclusivamente quello di yak.

Una parte di mondo questa, rimasta ancora vergine, anche se visitando alcuni monasteri ti accorgi che il progresso è arrivato anche qui. Molti monaci girano con i suv e con l’immancabile smartphone attaccato alla cinta, per cui tra una “girata alla ruota della preghiera” e un’ora di meditazione si ha anche il tempo per una telefonata, che come si sa allunga la vita.

Quando fui invitato dal Governo di questa provincia per realizzare un reportage non immaginavo la bellezza che avrei trovato, nei luoghi incontaminati e nelle persone socievoli. I tibetani sono persone umili, miti e gentilissimi, la cui indole contrasta con la rudezza della loro pelle. Loro misurano la ricchezza con il numero degli animali che compongono le mandrie, di cui molte enormi per numero di capi di bestiame. Non accumulano ricchezze, ne’ case, tutto quello che non è necessario alla loro vita quotidiana lo danno ai monaci, ma le nuove generazioni si discostano molto da questa tradizione.

Nelle varie diaspore millenarie molti popoli si sono spostati in questi luoghi come l’attuale minoranza mussulmana degli Hui, noti per la qualità del loro cibo. Attualmente credo siano loro che detengano le tre stelle Michelin per i loro piccoli ristorantini di strada. La loro cucina è nota per essere la migliore nella preparazione di pasta in brodo, tipo maltagliati, veramente eccezionali.

Tra i molti ricordi indimenticabile l’incontro avuto con una “monaca” che condivise con me il suo frugale pasto consistente in patate leggendarie, coltivate a cinquemila metri d’altezza, buonissime. Mi accolse nella sua casa, una semplice stanza riscaldata da una stufa a legna, ma da li si vedeva il mondo.

Le Perdùne di Taranto, processione dei Misteri.

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La Settimana Santa di Taranto ha una “particolarità” rilevante e sconosciuta ai distratti visitatori che non ne conoscono ovviamente la vera entità, sia religiosa che sociale. E’ la disputa che precede la Processione dei Misteri di questi giorni. Le Confraternite svolgono durante la Domenica delle Palme una vera e propria asta in cui i membri delle confraternite del Carmine  e dell’Addolorata si contendono, pagando,  il riconoscimento e il conseguente ruolo sociale, nel portare in processione i “Misteri” e altri simboli della Passione di Cristo. Una tradizione antica che ricorda come questi riti siano un atto di fede certamente, ma cosa rilevante è sopratutto il momento in cui alcuni cittadini  mettono in mostra il proprio “potere”  mostrando ruoli ed equilibri sociali che determina poi la vita stessa della città stigmatizzati nei vari ruoli durante la processione. Non ho tempo per digitalizzare tutte le fotografie, ma emblematica per capire lo svolgimento della processione dei confratelli che “nazzicano” sarebbe un oggetto molto semplice, di legno, la “troccola”.

l fine ultimo è sempre lo stesso di tutte le processioni: espiare i propri peccati, rituale antico.

Queste poche immagini sono parte di un servizio degli ultimi da me realizzati in pellicola negli anni ottanta.

Alstom

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Alstom vanta solide radici nella storia industriale italiana: circa 16 anni fa, il Gruppo ha infatti riunito numerose società che rappresentavano il meglio nei settori dell’ingegneria e dell’elettromeccanica, continuando da allora a svilupparle con coerenza e a rinnovarle. Far fronte alla crescente domanda mondiale di energia e di mobilità sostenibile è la nostra missione. Giorno dopo giorno, Alstom si impegna a fornire soluzioni innovative, tecnologicamente all’avanguardia, competitive e compatibili con la preservazione dell’ambiente su scala globale.

Corporate Shots

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L’approccio immediato che la maggior parte delle persone ha con il linguaggio fotografico è spesso stereotipato e banale.

Così come stancamente si descrivono, visivamente, le aziende molto spesso. Parto sempre da un mio convincimento, dalla mia idea che le aziende sono fatte dalle persone e descrivere al meglio le persone si riesce a illustrare degnamente anche un’azienda.

Il concetto di “reputazione aziendale “ io lo intendo innanzitutto osservando e dando il ruolo di protagonisti alle persone che formano la comunità motrice dell’impresa. Belle e degne persone, nell’anima ovviamente, garantiscono percentualmente anche una bella e degna impresa.

Per molti anni ho visto purtroppo pubblicare su magazine “faccine” di amministratori e presidenti che avrebbero dovuto rappresentare la filosofia aziendale, il più delle volte mal consigliati da chi preposto alla comunicazione, sortendo effetti boomerang come efficacia, ma riempiendo le tasche di alcuni molto spesso.

Purtroppo ancora oggi alcuni comunicatori seguono il detto “ATTACCA ‘U CIUCCIE ADDO’ VO’ U PATRUNE” e aggiungendo poi la “sindrome del caporale”, la frittata è fatta.

Nella mia vita professionale ho avuto la fortuna di conoscere e lavorare il più delle volte assieme a persone coraggiose, innovative e intraprendenti che hanno sempre prediletto il risultato del lavoro al compiacimento del “capo” di turno.

Per non tralasciare nessuno nomi non ne farò, ma un episodio mi viene alla mente che condivido con voi.

Turchia. Ero ad un evento di interesse mondiale nel campo energetico, con tanto di ministri e capi di stato che avrebbero rubato la scena nella seguente comunicazione dell’accaduto. Come fare per “veicolare” l’AD dell’azienda per cui stavo lavorando sui media e conquistare la notizia accostandoci una foto “fuori dal coro”?

Bene, ottenuta la fiducia del capo relazioni esterne di questa azienda, superata la cortina di inutili protettori dispiegati a testuggine, riesco a raggiungere il “Capo dei capi” al quale chiedo la cortesia di condividere con me l’idea della fotografia da realizzare per essere usata poi a racconto dell’evento. Lui, essendo intelligente, approva immediatamente l’idea. Ebbene, quell’immagine comparve come quella più pubblicata, addirittura in prima pagina di un noto quotidiano economico che non pubblicava solitamente fotografie, mostrando il nostro Paese e la nostra compagnia come centrale nella notizia. Grande soddisfazione di tutti, nonostante il caschetto antinfortunistico da operaio…

Cina

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Le immagini raccolte nella mostra rappresentano parte dei reportage realizzati in alcune province della Cina a fine 2007. Il lavoro è stato commissionato da Eni SpA, per illustrare un numero monografico di Eni’s Way Magazine, uscito a gennaio del 2008. I reportage fotografici di Claudio Brufola descrivono il territorio e il popolo cinese.