Fotografia, un ripensamento è doveroso.

In un mondo in cui la fotografia è sempre più mezzo di cultura, un’espressione figurativa-evocativa  capace di concentrare ed esprimere le peculiarità di una cultura nazionale, le sue tradizioni e le storie delle sue genti va sicuramente ripensata, salvaguardata e tutelata.

Così dovrebbe essere, se riteniamo che fotografia non sia solo arte nel peggiore dei casi.

In questi ultimi anni la trasformazione sociale e mediatica ha portato esperienze espressive inimmaginabili, grazie alle piattaforme sociali di dialogo e comunicazione.

Molte discipline artistiche, compresa la fotografia,  si sono trasformate e adattate a nuovi linguaggi, in primis a quelli virtuali, che hanno piegato concetti e metodi comunicativi alle esigenze commerciali dei colossi della comunicazione come Facebook.

Dopo anni di evoluzione, o meglio trasformazione digitale, osserviamo un mondo molto diverso dove l’uso dei pensieri e dei concetti espressi attraverso l’arte visiva,  segna degli innegabili progressi culturali e contemporaneamente una regressione espositiva ed espressiva. Ogni analisi sociale o culturale attorno alla fotografia, fa innanzitutto riferimento ai mezzi espressivi tout court, difficilmente si spinge avanti tentando di ripensare l’uso proprio di arte, di mezzo divulgativo, di uso sociale ed anche economico.

Tralascio le solite affermazioni tipo, chi è oggi il fotografo, l’approccio del fotografo con i social-media, chi fa selfie non fa arte, solo i sacerdoti della verità sanno fare fotografia.

Possiamo dunque immaginare ancora un uso sociale della fotografia come fu nel secolo scorso ?

Qual’è lo stato dell’arte delle attuali discipline fotografiche ?
Questo sarà il tema del prossimo articolo che porrò alla vostra attenzione.

Ma prima voglio porre alla vostra attenzione dei dati interessanti sull’informazione in genere, che molto hanno a che fare con la comunicazione e la fotografia.

Ritengo questi dati necessari per comprendere  come il cambiamento culturale nella fruizione delle informazioni cambi anche  il modus operandi di chi si approccia poi alla fotografia odierna.

Il Reuters Institute Digital News Report 2016 traccia un’analisi interessantissima del come si utilizzano le notizie, un report molto complesso che illustra il sistema informativo e di come cambia il sistema di accesso alle informazioni stesse.

Il 51% degli internauti utilizza i social come fonte di di informazione e Facebook ne è di gran lunga il più usato . Interessante anche approfondire questo fatto per fasce d’età che vi risparmio, ma che intuirete. Il 53% lo fa attraverso lo smartphone. Inutile sottolineare le perdite economiche dei media tradizionali, ciò avviene in ben 26 differenti paesi in esame.

Dato curioso che emerge per il 78% degli intervistati è che preferisce leggere le notizie in forma testuale che tramite immagini o video. I principali motivi  per non guardare i  video sono che trovano la lettura di notizie più veloce e più conveniente (41%) e per il fastidioso  pre-roll pubblicitario (35%).

La sorpresa nei dati di quest’anno è che il video di notizie online sembra crescere più lentamente di quanto ci si potrebbe aspettare. In tutti e 26 paesi solo un quarto (24%) degli intervistati afferma di accedere ai video di notizie on-line in una determinata settimana. Il consumo di video è più alta negli Stati Uniti (33%). Al contrario, la media europea ponderata dimostra che meno di un quarto

(22%) utilizza video notizie in una settimana con alcuni dei livelli più bassi in Danimarca (15%) e Paesi Bassi (17%).

Un dato certo è che le donne sono più pigre degli uomini, a loro basta Facebook per leggere notizie, non vanno a vedere la fonte delle stesse su i siti web che le distribuiscono.

In Italia su 60 milioni di persone, solo il 62% ha accesso a Internet, siamo in Europa il popolo che guarda di più la televisione. Circa il 90% dei ricavi sono in mano a tre aziende: Sky Italia,  Mediaset, e RAI.

La fiducia nei confronti dell’informazione tradizionale è riconfermata: i maggiori player  dell’editoria nazionale che hanno spostato la propria attività molto all’online li troviamo così messi: La Repubblica (33%), Il Corriere della Sera (21%), il Sole 24 Ore (16%) e La Stampa (16%) che si dividono gran parte dell’offerta informativa online lasciando poco spazio agli altri.

Il mondo cambia radicalmente e molto in fretta, per cui anche la fotografia sta cambiando parimenti, ma la velocità è tale che nessuno azzarda previsioni, i futuri scenari sono incomprensibili, la rivoluzione in cui siamo immersi è sconvolgente, neanche gli esperti e gli investitori sanno bene che pesci pigliare, tant’è che in assenza di previsioni attendibili gli investitori “aspettano” e non investono neanche nel breve periodo con conseguenze pesantissime in questo settore, con l’Italia ancor più penalizzata dal resto dell’Europa.

Cambiamento positivo ?

Bubble filter è il vero problema?

La stessa Reuters afferma che  rallenta la creazione delle opinioni personali perché le riconduce in ambiti privati senza confronto costruttivo. Paradossalmente siamo più connessi di un tempo, ma è come se non lo fossimo. Per cui la “chiacchiera da bar” diviene formativa , premesso che il bar attragga persone con idee ed  opinioni valide ed accattivanti.

Per approfondire: http://reutersinstitute.politics.ox.ac.uk/sites/default/files/Digital-News-Report-2016.pdf

Claudio Bru

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